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D’Alfonso chiede 150mila euro di risarcimento alla giornalista Lilli Mandara. Prima udienza con rinvio

D’Alfonso chiede 150mila euro di risarcimento alla giornalista Lilli Mandara. Prima udienza con rinvio

PESCARA, 8 febbraio – Rinvio al 26 maggio per l’ammissione delle prove. Prima udienza breve e dal contenuto esclusivamente tecnico quella di apertura del processo civile nei confronti della giornalista Lilli Mandara, citata dal presidente della Regione Luciano D’Alfonso per gli articoli pubblicati sul blog “Maperò”.

Non si è  presentato in aula D’Alfonso, c’era invece Lilli Mandara, accompagnata da colleghi e lettori, dal componente di Giunta della Federazione nazionale della Stampa Ezio Cerasi, dal presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo Stefano Pallotta e dal segretario del Sindacato dei giornalisti abruzzesi, Paolo Durante.

Tra i tanti cittadini arrivati a dare un sostegno solidale anche l’esponente di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo.

D’Alfonso ha chiesto alla giornalista un risarcimento di 150mila euro, a fronte di quella che lui considera una campagna di stampa costituita da una trentina di articoli, in particolare quelli relativi ai casi “Maltauro” e La City e sugli incarichi in Regione, che nell’insieme rappresenterebbero “una continuata aggressione e una campagna stampa di natura irridente e derisoria, nonché denigratoria e diffamatoria”.

Non è così per l’avvocato Lamberto Di Pentima, che assiste Mandara:

“Gli articoli non hanno carattere diffamatorio e la giornalista ha legittimamente espresso un diritto di critica, esercitato anche attraverso commenti talvolta pungenti, ma pienamente legittimi. Non sta a me deciderlo – ha aggiunto Di Pentima – ma si potrebbe anche ipotizzare un caso di lite temeraria”.

L’avvocato di D’Alfonso, Mario Briolini, ribatte che:

“il mio assistito contesta la continuità giornaliera con la quale Mandara lo ha ossessivamente attaccato. Il presidente – prosegue Briolini – non disconosce il diritto di critica, ma ritiene che questo non si possa estendere fino a ledere l’immagine e la reputazione delle persone”.

Lilli Mandara, da parte sua, è asciutta e serena:

 “Ho sempre scritto sulla base di documenti e di elementi circostanziati. Questo è il mio mestiere”.

La solidarietà intorno alla giornalista questa mattina si è fatta sentire: c’erano cittadini-lettori in aula, a dare il loro sostegno, c’erano colleghi e rappresentanti di sindacato e ordine dei giornalisti. Durissimo Ezio Cerasi, rappresentante della Fnsi:

“E’ un fatto di civiltà e un dovere per cittadini e giornalisti schierarsi dalla parte della libertà di stampa, prendendo spunto dal caso di Lilli Mandara, al centro di una richiesta temeraria e intimidatoria. Visto che il governatore ipotizza il reato di diffamazione – aggiunge Cerasi – la cosa più naturale sarebbe stata il ricorso a un’azione penale, mentre la scelta di un’azione civile ha tutto il sapore di un’intimidazione“.

E il presidente dell’Ordine regionale Stefano Pallotta:

“Quando i giornalisti esercitano fino in fondo il loro ruolo di critica, c’è sempre un’incomprensibile reazione infastidita della politica e delle istituzioni, evidentemente non abituate a ricevere stimoli critici”.

Paolo Durante, segretario del Sindacato giornalisti abruzzesi, osserva che

“è un difetto di molti politici quello di ricorrere ai tribunali in presenza dell’esercizio del diritto di critica. Intentare una causa civile significa aggredire il patrimonio – continua Durante – e questo nel caso di Mandara, non protetta da un contesto editoriale in grado di sostenerla, assume i connotati di una intimidazione”.

A sostegno di Mandara anche Maurizio Acerbo, esponente di Rifondazione Comunista:

“Quella di D’Alfonso è una pura e ingiustificabile intimidazione – dice Acerbo – peraltro non rivolta contro una singola persona, ma contro chiunque osi esprimere giudizi critici nei suoi confronti”.

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