Teramo, caccia al cinghiale: il presidente dell’Atc Salinello smentisce il collega Porrini
TERAMO, 13 luglio – Rapporti tesi tra gli Atc teramani ed in particolare tra l’ambito territoriale di caccia Salinello, guidato dal presidente Gabriella Piccinini, e quello del Vomano guidato da Franco Porrini, protagonisti di un botta e risposta sulla contestata delibera sulla caccia al cinghiale approvata dall’Atc Vomano. Delibera che per la Regione sarebbe illegittima, tanto da aver nominato un commissario ad acta per il suo annullamento.
“A seguito del Commissariamento dell’Atc Vomano, il presidente Porrini aveva affermato che anche in altri Atc regionali, compreso quello del Salinello, sarebbero state approvate delibere analoghe a quella contestata, concludendo che ci sarebbe stato un diverso comportamento della Regione nei confronti dei singoli ambiti – tuona Piccinini – Al contrario il mio Atc ha fatto una delibera di assegnazione perfettamente in linea con il Piano quinquennale approvato dalla Provincia e successivamente autorizzata dalla Regione Abruzzo, pertanto non esiste nessuna circostanza che possa accomunare l’agire dei due ambiti o altra attinenza a quanto afferma Porrini”.
Piccini, intervenendo sulle diverse competenze, sottolinea come in materia venatoria la Regione abbia una chiara funzione di pianificazione territoriale, mentre gli Atc abbiano una funzione gestionale. Competenze entrambe importantissime, ma nettamente distinte.
“In questo frangente – spiega Piccinini – il mio ambito si è limitato ad assegnare la aree di caccia al cinghiale esclusivamente nelle aree appositamente programmate da Provincia e Regione attraverso un piano. Se altri non lo hanno fatto, disattendendo detto piano, la colpa non è certamente della Regione; questa inoltre ha anche una funzione di controllo dell’operato degli Atc e la può esercitare anche attraverso la nomina di un commissario ad acta. Se ciascuno si attenesse alle proprie competenze e alle linee guida della Regione, si farebbe sicuramente più strada assieme e si perseguirebbe il bene dei cacciatori, mentre invece l’invadenza nei campi altrui procura incomprensioni, ritardi, ricorsi e dispendio di risorse economiche a carico dei cacciatori, sottratte alla gestione venatoria”.