L’AQUILA, 16 gennaio – I valori delle sostanze tossiche e cancerogene, nelle acque sotterranee vicino alla mega discarica dei veleni di Bussi sul Tirino, sarebbero aumentati anche di 14 volte in un anno. Inoltre le piante conterrebbero fino a cinque sostanze potenzialmente portatrici di cancro. Sono gli allarmanti responsi dello studio svolto nell’estate 2015 dall’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente.

L’Arta sarebbe stata allertata da alcuni privati cittadini che abitano a valle del sito Montedison, al centro del processo che in questi giorni è in corso presso la Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila e che in primo grado, nel 2014, si concluse con 19 assoluzioni.

Il documento è stato presentato da tempo alla procura della Repubblica di Pescara e pur non facendo parte degli atti processuali è stato citato nell’udienza di oggi dall’avvocato dello Stato Cristina Gerardis, attualmente direttore generale della Regione Abruzzo, nel corso del suo lungo intervento. Le difese degli imputati sono insorte, ma il collegio giudicante ha invitato a spiegare il riferimento e ora si attende di sapere se lo studio entrerà nel processo.

Si tratta di analisi integrative che mostrano dati aggravati, con riferimento a diverse sostanze nocive, rispetto agli esami che la stessa Arta aveva svolto nel 2014, su richiesta dall’allora commissario straordinario Adriano Goio. In definitiva, si denuncia un rischio sanitario-ambientale “superato, sia per la salute umana, sia per la protezione della risorsa idrica sotterranea” e un sistema di messa in sicurezza di emergenza che “non è in grado di contenere la contaminazione all’interno dei confini del sito e pertanto deve essere integrato”

L’udienza si è conclusa con la richiesta record di risarcimenti per 1,8 miliardi di euro agli imputati.