Abruzzo, il numero degli occupati resta sopra le 500mila unità. La Cisl critica sulla qualità del lavoro
PESCARA, 13 marzo – Il numero degli occupati, in Abruzzo, continua a crescere, restando sopra le 500mla unità anche nell’ultimo trimestre del 2017. Almeno secondo i dati Istat, dati salutati con estrema soddisfazione dalla Regione, con l’assessore Silvio Paolucci che in una nota sottolinea come al momento dell’insediamento della Giunta D’Alfonso, nel giugno 2014, gli occupati fossero 459.000. In cifre, oltre 41.000 posti di lavoro recuperati per Paolucci, che sottolinea come i dati siano positivi anche sul fronte della disoccupazione, con 67.000 persone in cerca di lavoro nel quarto trimestre 2017, pari a 6.000 unità in meno rispetto alle 73.000 dello stesso periodo del 2016.
“Restiamo all’interno di un trend positivo – spiega l’assessore regionale al bilancio Silvio Paolucci – che ci vede in forte recupero sia rispetto al quarto trimestre del 2016 sia a confronto dei numeri che si registravano alla data del nostro insediamento, nel giugno 2014. Tutto ciò assume ancor più valore se si pensa che i primi due trimestri del 2017 hanno risentito del sisma e del maltempo verificatisi nel gennaio dell’anno scorso, con notevoli ricadute sui dati occupazionali ed economici. Un motivo in più per far sì che quest’ultima parte di consiliatura veda un ulteriore incremento dell’occupazione anche grazie agli oltre 600 milioni stanziati dal Governo per l’Abruzzo nei primi due mesi del 2018”.
Un entusiasmo che però non è assolutamente condiviso dai sindacati, con la Cisl che parla di 491mila persone occupate e sottolinea come nonostante nel 2017 l’occupazione sia tornata a salire ma non sia ancora rientrata nei valori pre-crisi. In particolare il sindacato rileva come lo scorso anno gli occupati siano aumentati nei servizi, mentre siano rimasti sostanzialmente stabile nell’industria e come ad oggi non si possa parlare di lavoro stabile.
“Il fatto che nel 2017 la nuova occupazione sia in aumento, soprattutto quella a tempo determinato, ce lo confermano anche i dati dell’Inps (Osservatorio del precariato), – analizza il segretario della Cisl Leo Malandra – Purtroppo continua a trattarsi di un’occupazione che non è di qualità e non è stabile. Anzi, per il secondo anno consecutivo il contratto stabile rallenta ulteriormente e non crea posti di lavoro aggiuntivi. Il tempo indeterminato si inaridisce in Abruzzo più che in altre regioni per mancanza di incentivi: scendono le assunzioni e le cessazioni, rallentano anche le trasformazioni dei contratti a termine e di apprendistato in nuovi contratti stabili. Dilaga il contratto a termine e stagionale, che regola oltre l’83% delle nuove assunzioni. Questo problema del lavoro precario, unito a quello della disoccupazione giovanile e femminile, è il vero nodo che la classe politica deve affrontare concretamente con azioni mirate ed urgenti”.
Per la Cisl il 2017, secondo il rapporto delle comunicazioni obbligatorie elaborato dal Ministero del Lavoro, si chiude con una consistente dinamicità del mercato del lavoro abruzzese che è condizionato da una spiccata stagionalità che taglia l’anno in 2 periodi: nei primi 2 trimestri le assunzioni hanno superato nettamente i licenziamenti; nel terzo e quarto trimestre sono prevalse invece le cessazioni, per effetto della scadenza dei numerosissimi contratti a termine e stagionali.
“L’Abruzzo è la regione che ha pagato di più la fine degli incentivi legati al jobs act – continua Malandra – Sotto questo aspetto si rivela l’oggettiva debolezza nel sistema produttivo locale delle piccole e medie imprese, anche artigiane: probabilmente, gli incentivi di quest’anno spingeranno al rialzo le assunzioni stabili, ma si conferma una certa fragilità dell’occupazione regionale molto più sensibile, rispetto al resto del paese, alle agevolazioni contributive”.
La Cisl dedica poi particolare attenzione anche alla questione degli ammortizzatori sociali. Perché se le ore di Cassa integrazione sono in calo, la necessità di proseguire in processi di riconversione e riorganizzazione aziendale porta un numero sempre maggiore di imprese ad usufruire dello strumento dei contratti di solidarietà.
“La ripresa di crescita è stata fortemente sostenuta da un aumento del valore delle esportazioni – conclude Malandra –
I prodotti abruzzesi continuano ad essere attrattivi nei mercati esteri, ma per restare competitivi abbiamo bisogno di investire in ricerca e innovazione se vogliamo vincere le sfide della globalizzazione. Il territorio, nel contempo, deve tornare ad essere attrattivo per il mondo delle imprese in termini di infrastrutture, snellimento delle procedure burocratiche, fiscalità di vantaggio e abbattimento dei costi dell’energia”.
Critica anche la Cgil, che sottolinea come i nuovo contratti riguardino soprattutto l’occasione a termine:
“Bisogna leggere attentamente i dati Istat, perché leggendoli attentamente ciò che si evince è che quel poco di occupazione che si crea è fatta anche in Abruzzo di lavori prevalentemente a termine – commenta il segretario generale della Cgil Abruzzo Sandro Del Fattore – Oltre l’83% del lavoro che si crea in Abruzzo è composto da contratti a tempo determinato. In ogni caso si tratta di valori ben lontani dai livelli pre crisi. Contestualmente si riscontra un calo netto dei contratti a tempo indeterminato”.
I dati, secondo Del Fattore, “dimostrano, se ancora c’è bisogno di dirlo, il fallimento del Jobs Act: terminati gli incentivi crollano i contratti di lavoro a tempo indeterminato. Si dimostra, inoltre che la ripresa di cui si parla è, anche in Abruzzo, una ripresa molto fragile, che produce prevalentemente occupazione e lavoro precario, di scarsa qualità e con scarse prospettive. Anche in Abruzzo l’occupazione ristagna nell’industria e cresce principalmente nei servizi di bassa qualità. Un’occupazione, come già detto, fatta di contratti a tempo determinato“.
“Invece di continuare sulla strada degli incentivi a pioggia – conclude Del Fattore – bisognerebbe indirizzare le risorse verso un piano straordinario per il lavoro, rivolto in particolare ai giovani e incentrato su energie rinnovabili, tutela del territorio, patrimonio ambientale e culturale, ricerca e formazione. I 18 miliardi di euro del Jobs Act potevano essere utilizzati per altro e, magari, proprio per un piano di questo tipo”.