Acerbo chiede le dimissioni di D’Alfonso: “Ha mentito sapendo di mentire, dal Pd silenzio complice”
PESCARA, 24 aprile 2017 – Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista ed ex consigliere regionale in Abruzzo, chiede le dimissioni di Luciano D’Alfonso. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, per l’esponente della sinistra radicale, è rappresentata dagli ultimi particolari emersi in merito all’inchiesta su Pescaraporto, che vede indagato il presidente della Regione.
Acerbo si sofferma sulle intercettazioni telefoniche, nel corso delle quali D’Alfonso avrebbe dato indicazioni al suo ex braccio destro Claudio Ruffini di recarsi nello studio dell’avvocato Milia:
“Queste intercettazioni smentiscono clamorosamente le dichiarazioni rilasciate dal presidente della Regione Abruzzo nella sua conferenza stampa di sabato scorso, relativa all’ennesima inchiesta che lo riguarda. Al contrario di quanto dichiarato dal presidente, è evidente che la riunione presso lo studio del suo avvocato, penalista-imprenditore, a cui hanno partecipato i due suoi massimi collaboratori, Dezio e Ruffini, era proprio volta a sbloccare il progetto della società Pescaraporto”.
Secondo Acerbo, dunque:
“D’Alfonso ha mentito sapendo di mentire. In conferenza stampa ha detto di non avere aiutato Milia, mentre dall’intercettazione emerge chiaramente il suo ruolo attivo”.
Il leader di Rifondazione fornisce la sua ricostruzione della vicenda:
“Quel progetto edilizio di tre palazzi da 21 metri sul mare ha ricevuto un tale trattamento di favore, che dopo avere ottenuto un permesso illegittimo che sono riuscito a far annullare dal Tar, è stato sbloccato dal governo Renzi, con una norma ad hoc inserita nel maxi-emendamento alla legge di stabilità 2016. Relatrice al Senato era casualmente l’attuale sottosegretaria alla giustizia Federica Chiavaroli, pescarese. Poi, dopo la riunione a cui D’Alfonso ha spedito il suo braccio destro in Regione e la sua longa manus al vertice del Comune, è stato miracolosamente sbloccato anche lo stop del Genio civile”.
Poi Acerbo ricorda l’uscita di scena di D’Alfonso dall’inchiesta Mare-Monti, in virtù dell’intervenuta prescrizione causata dal dilatarsi dei tempi processuali:
“Nella stessa giornata apprendiamo che ancora una volta il presidente renziano della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, si è avvalso della prescrizione invece di fare chiarezza in sede giudiziaria, in un procedimento in cui era coinvolto insieme all’amico Toto e ad altri personaggi dell’Anas e del Ministero. Questa volta spero che nessuno voglia presentarlo come assolto: prescrizione non è assoluzione. E come sostenevano i ‘probiviri’ del PD al tempo del caso Penati, chi intende ricoprire cariche pubbliche e ruoli politici ha il dovere di non avvalersi della prescrizione”.
Quindi l’affondo finale, dai toni duri e ultimativi:
“La Regione Abruzzo non può essere ostaggio di un personaggio come D’Alfonso e della sua corte dei miracoli. Chiediamo le dimissioni di D’Alfonso e invitiamo il Pd e i suoi alleati a uscire dal silenzio complice. Il problema, prima che giudiziario, è politico. Essere garantisti non significa far finta di non vedere che i comportamenti di D’Alfonso sono incompatibili con il ruolo che ricopre”.