Acqua, allarme attivisti: “Gravi rischi per 2 riserve strategiche”. E spunta megaprogetto per cava
PESCARA, 9 novembre – “Le due riserve strategiche di acqua del centro Italia, le Sorgenti del Pescara a Popoli e l’acquifero del Gran Sasso sono a gravissimo rischio, tra esperimenti con sostanze pericolose o radiattive e lo sviluppo di immense cave”. Tutto questo mentre “la Regione è inadempiente da undici anni” sulla realizzazione della ‘Carta delle Aree di Salvaguardia’. E’ quanto denunciano associazioni e movimenti ambientalisti, che chiedono “il varo immediato dei provvedimenti di tutela previsti fin dal 2006 e mai attuati”. Gli ambientalisti svelano di aver scoperto un megaprogetto per l’ampliamento di una cava nei pressi delle sorgenti del Pescara e si soffermano sugli “errori procedurali” per quanto riguarda l’esperimento Sox ai Laboratori del Gran Sasso.
“La Regione – affermano Forum H2o, Stazione Ornitologica Abruzzese Onlus, Mobilitazione per l’acqua del Gran Sasso, Lipu Abruzzo e Altura – non può continuare a dimenticare la protezione delle riserve strategiche di acqua, anche nella prospettiva dei cambiamenti climatici in atto, e deve risolvere l’inadempienza che dura da undici anni per la redazione ed approvazione della ‘Carta delle Aree di Salvaguardia’ per la protezione delle sorgenti e delle captazioni che dissetano gli abruzzesi. Non può accadere come con la Carta delle Valanghe. Bisogna fare prevenzione”.
C’E’ UN MEGAPROGETTO PER L’AMPLIAMENTO DELLA CAVA DI PIZZO CARLUCCIO
In conferenza stampa le associazioni svelano di aver scoperto un megaprogetto per l’ampliamento di una cava che si trova a poche centinaia di metri dalle sorgenti del Pescara.
“E’ stato depositato dalla Fassa Bortolo un megaprogetto per l’ampliamento della cava di Pizzo Carluccio verso Colle della Pietrosa per 2,7 milioni di metri cubi su 20 ettari (totale 4,5 milioni di metri cubi su 30 ettari) posto appena a monte delle sorgenti a poche centinaia di metri dalla riserva e sito di interesse comunitario delle Sorgenti del Pescara, proprio nella zona più vulnerabile per la qualità delle acque”.
“Vogliono continuare a cavare fino al 2042″, dicono gli attivisti, aggiungendo che ” nello Studio di Impatto Ambientale si può addirittura leggere che un eventuale sversamento di sostanze inquinanti dalla cava non verrebbe osservato nelle sorgenti a valle, testualmente, ‘a causa della lenta circolazione delle sostanze nell’acquifero sottostante e della notevole diluizione in falda'”.
“Della serie, siccome sono sorgenti dalla portata enorme, possiamo anche contaminarle un po’, tanto nel caso si diluisce”.
Le associazioni ricordano che “le Sorgenti del Pescara e quelle del San Callisto sono di interesse nazionale ed europeo per la biodiversità e la portata di acqua e tale progetto dovrebbe sollevare un’ampia opposizione in tutte le comunità abruzzesi, anche in considerazione dei cambiamenti climatici in atto, che fanno diventare ancora più importante queste riserve d’acqua. Tutti i cittadini possono presentare osservazioni entro il 5 gennaio 2018 alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale”.
ESPERIMENTO SOX: CI FU L’OK DELLA REGIONE, MOLTEPLICI ERRORI PROCEDURALI
Parere positivo della Regione Abruzzo il 31 luglio del 2015. Molteplici errori procedurali: mancanza di trasparenza e partecipazione, nessun riferimento agli acquedotti, coinvolta la Asl dell’Aquila e non quella di Teramo. Il Piano di emergenza esterno dei Laboratori, inoltre, sembrerebbe aggiornato al 2008, prima dei terremoti. Lo denunciano le associazioni a proposito dell’esperimento Sox ai Laboratori del Gran Sasso.
Gli attivisti sottolineano che “per il Gran Sasso e gli esperimenti che vi vengono condotti, da Borexino e Lvd che già utilizzano, rispettivamente, 1.292 tonnellate di trimetilbenzene e mille tonnellate di acqua ragia, a Sox, per il quale si vorrebbe utilizzare la potentissima sorgente radioattiva di Cerio144 da 5,55 PBq, pare che gli enti vogliano continuare ad ignorare che già esiste il divieto assoluto ed inderogabile di stoccare questi materiali entro un raggio di 200 metri dalle captazioni idropotabili”, osservano, citando l’articolo 94 comma 6 del Decreto 152/2006 “Testo unico dell’Ambiente”.
“La Regione Abruzzo, come segnaliamo da tempo e come già avvenuto per la Carta Valanghe – aggiungono – è inadempiente da ben undici anni nella predisposizione dei provvedimenti di tutela sito-specifici della risorsa idropotabile, dovendo la stessa agire non meramente in senso burocratico ma tenendo conto della reale consistenza della risorsa idrica e dei singoli acquiferi come prevede la legge. Vogliamo sottolineare che nel caso del Gran Sasso, qualora la Regione dovesse perimetrare la zona di rispetto, questa non potrà che essere molto più vasta (dell’ordine di chilometri rispetto ai 200 metri imposti in senso generale dalla norma)”.
Dopo l’accesso agli atti della Stazione Ornitologica Abruzzese, le associazioni spiegano che “la Regione ha ricevuto una richiesta di parere dal Ministero dello Sviluppo Economico sulla base dell’articolo 28 del Decreto 230/1995. Il servizio Prevenzione del Dipartimento Salute della Regione ha risposto positivamente il 31 luglio 2015 con poche righe a firma di Stefania Melena, che allega anche uno scarno parere della ASL dell’Aquila. Stranamente non viene coinvolta la ASL di Teramo che sarebbe competente in quanto la sorgente radioattiva verrebbe posizionata su territorio di Isola del Gran Sasso ed era stata la più attiva individuando per tempo con numerose note le enormi criticità della situazione dal punto di vista dell’acqua potabile”.
“La Regione – aggiungono – ha ricevuto anche ulteriori note, da quella del Ministero dell’Interno a quella dell’Ispra del. In tutta la documentazione degli enti finora esaminata manca totalmente qualsiasi riferimento alla presenza di acquedotti e all’articolo 94 del D.lgs.152/2006 sulle aree di salvaguardia. Inoltre non risulta essere stata attivata alcuna modalità di trasparenza e partecipazione del pubblico. Manca, come avevamo già rilevato, la Valutazione di Incidenza Ambientale nonostante i laboratori siano collocati in un Parco nazionale e in siti Natura2000. Evidenziamo altresì che i Laboratori del Gran Sasso sono un impianto a Rischio di Incidente Rilevante per le grandi quantità di sostanze pericolose usate in Borexino ed LVD. Ebbene, il Piano di Emergenza Esterno sarebbe risalente, da quanto abbiamo appreso verbalmente ieri presso gli uffici regionali, al 2008. Cioè prima dei terremoti. Se aggiungiamo che i casi di contaminazione del Diclorometano perso dai Laboratori ad agosto 2016 e del Toluene uscito dai tunnel che hanno dimostrato che lo Stato con un commissario straordinario e ben 84 milioni di euro non è riuscito a mettere in sicurezza neanche i tubi – concludono le associazioni – ci chiediamo come si possa solo immaginare in tale contesto di inadempienze diffuse, errori e superficialità di consentire di correre rischi immensi per l’acquifero come quelli derivanti dagli esperimenti Lvd, Borexino e Sox con le loro sostanze pericolose o radioattive”.