“Detenuto libero”, in un libro la voglia di mondo dei carcerati. Giovedì la presentazione a Chieti
PESCARA, 14 maggio – “Lasciarsi guardare dalla Bellezza sembra la sfida più difficile di chi vive in carcere”. Con queste parole Papa Francesco in una lettera ringrazia Antonio Giammarino, studioso e fotografo professionista, di avergli donato il libro “Detenuto libero” (Edizioni Tracce). Nel volume, Giammarino, uno dei più grandi collezionisti di macchine fotografiche d’epoca, racconta la propria esperienza di insegnante di fotografia nei penitenziari abruzzesi. La nuova edizione, arricchita e revisionata, sarà presentata giovedì prossimo al carcere di Chieti. L’incontro sarà moderato dal criminologo Gianmarco Cifaldi. A breve uscirà anche una versione in inglese del libro, a cura della prof. Marilena Saracino, docente dell’Università d’Annunzio.
Nel volume l’autore fa rivivere le giornate dei detenuti e la loro “voglia di mondo” che si concretizza nelle piu’ svariate maniere: “c’era chi voleva un interlocutore con il quale creare un dialogo di scambio e arricchimento reciproco, altri invece volevano semplicemente un amico la cui visita avrebbe in qualche modo alleggerito per quei pochi attimi la monotonia della reclusione; altri ancora, forse, speravano di ingannare la realta’ fingendo di vivere una vita normale, in cui si ricevono visite di amici e si svolgono attivita’ di svago come poteva essere, in quel contesto, il corso di fotografia”.
“Il Papa – dice Giammarino – nella lettera evidenzia l’impegno nel ‘cercare di mettere in comunicazione, attraverso la fotografia, ciò che le persone detenute vivono dentro la loro esperienza di reclusione, con il mondo esterno’. Ora più che mai – aggiunge l’autore del libro – sono consapevole di quanto possa essere importante e, per molti versi, necessario un riscontro del proprio lavoro, un plauso che non può che fungere da ulteriore incoraggiamento per proseguire la via intrapresa. Credo sia questo ciò che i detenuti provino durante il processo di detenzione e riabilitazione: recuperare la consapevolezza che il lavoro duro che li attende durante la reclusione è finalizzato ad una rinascita umana, sociale e spirituale e che la società che li osserva e li giudica è la stessa che li incita e sostiene attraverso le Istituzioni preposte. Come afferma il Santo Padre ‘creare opere d’arte che portino, proprio attraverso il linguaggio della bellezza, un segno, una scintilla di speranza e di fiducia lì dove le persone sembrano arrendersi all’indifferenza e alla bruttezza, è un gesto importante che può far brillare la bellezza soprattutto dove l’oscurità o il grigiore sembrano dominare la quotidianità'”.