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“Elvira Ferri morta nell’ospedale di Pescara perché gli impianti di ossigenazione erano guasti”

“Elvira Ferri morta nell’ospedale di Pescara perché gli impianti di ossigenazione erano guasti”

PESCARA, 24 novembre – Elvira Ferri, la donna di 48 anni deceduta nell’ospedale di Pescara nel febbraio del 2014, sarebbe morta a causa del mal funzionamento degli impianti di erogazione dell’ossigeno. E’ quanto emerso dalla perizia illustrata questa mattina tramite incidente probatorio, nel tribunale di Pescara, dagli esperti Vittorio Fineschi e Mario Giosuè Blazanelli, che hanno messo anche in luce diverse carenze nella condotta dei tre medici indagati.

“Non può tacersi, per quanto di competenza, ferme restando le criticità di condotta dei sanitari coinvolti, che la disfunzione degli impianti di ossigenazione sia stata causa del decesso della paziente – è uno dei passaggi fondamentali della perizia – aggravandone in modo fatale la condizione, già precaria, di insufficienza respiratoria, favorendo direttamente, di conseguenza, l’innesco delle aritmie ventricolari responsabili dell’insorgenza dell’arresto cardiaco”.

I consulenti del gip, nel ricostruire i vari aspetti della vicenda, dopo essersi soffermati su una serie di presunte carenze legate alla condotta dei tre medici indagati, parlando di “una gestione ospedaliera complessiva che può definirsi di inadeguata qualità rispetto alle esigenze gestionali del caso specifico”, hanno dunque posto l’accento sul mal funzionamento degli impianti per l’irrogazione dell’ossigeno ai pazienti, che avrebbe aggravato il quadro clinico donna, che già presentava livelli di potassio molto bassi.

“Nel vagliare la rilevanza autonoma delle condotte dei sanitari rispetto all’exitus della paziente – scrivono ancora gli esperti, nelle conclusioni di una relazione di circa 80 pagine – tale ricostruzione clinica trova limite causale deterministico laddove si consideri la grave obiettivata disfunzione tecnica di abbassamento della pressione di erogazione dell’ossigeno, proprio a livello dell’ala Est del settimo piano, occorsa nella notte in cui si è verificato il decesso, in corrispondenza della presa di ossigeno situata a livello del letto della paziente numero 30, in conseguenza della quale si è ridotta la portata fissata sul flussimetro all’atto della somministrazione alla paziente”.

I tre medici del reparto di Medicina dell’ospedale di Pescara, indagati per omicidio colposo, sono Giancarlo Di Battista, in qualità di medico che prese in carico il caso della donna il 12 febbraio 2014, con turno 8-14; Antonio La Torre, in qualità di medico che prese in carico il caso della paziente l’11 febbraio del 2014 ed esaminò i primi due referti; Giancarlo Traisci, in qualità di primario dirigente del reparto in servizio il 12 febbraio 2014, con orario 13.15 -17.25.

Fineschi e Balzanelli elencano le carenze rilevate nella condotta dei tre sanitari e osservano che “la morte della paziente si sarebbe verificata con bassa fascia di probabilità laddove l’insufficienza respiratoria fosse stata inquadrata con maggiore appropriatezza e, soprattutto, adeguatamente monitorizzata, a livello clinico, emogasanalitico, laboratoristico e ECGgrafico, anche ricorrendo, eventualmente, alla ventilazione meccanica non invasiva, quale terapia respiratoria rappresentante, a livello dello stato dell’arte, il golden standard del trattamento in acuto di questi pazienti”.

Inoltre mettono in rilievo che le probabilità di decesso si sarebbero notevolmente ridotte laddove, “insieme ad una gestione più efficace dell’insufficienza respiratoria, l’ipokaliemia micacciosa e severa fosse stata immediatamente trattata con dosaggi, via di somministrazione e velocità di somministrazione adeguata”. Infine sottolineano che “la morte della paziente, in particolare, si sarebbe verificata con bassa fascia di probabilità, se il reparto fosse stato organizzato in modo tale che, a partire dalle ore 14 del 12 febbraio fino all’alba del 13 febbraio, la paziente avesse potuto beneficiare della presenza di un medico di turno”.

Gli atti adesso verranno rimessi alla Procura, in attesa della chiusura delle indagini e delle eventuali richieste di rinvio a giudizio.

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