PESCARA, 28 settembre – L’ex capo della mobile di Pescara, Piefrancesco Muriana, accusò ingiustamente tre carabinieri forestali che indagavano sul caso Rigopiano, ma il rato di calunnia, di cui era accusato sulla base di una denuncia di un forestale, non sussiste per mancanza di dolo. E’quanto si legge nella richiesta di archiviazione, presentata dalla Procura, nei confronti dell’ex capo della mobile.

Scrivono il procuratore aggiunto Mantini e il sostituto Sciarretta: “La condotta calunniatoria venne in concreto attuata per effetto di una dinamica di ricostruzione di atti non adeguata, superficiale e soprattutto disancorata da ogni doverosa tempistica di ricostruzione dell’atto”, ma “parallelamente vanno evidenziati i dati medico-legali di seria sofferenza psichica del medesimo Muriana, attestati nella documentazione sanitaria dell’Ospedale Civile di Chieti”, e infatti “si è evidenziato appunto la sua ossessiva persuasione di essere vittima di un percorso” a sua volta “di accuse calunniose, di essere perseguitato da alcuni organi di informazione, e di essere alla ricerca della verità che prima o poi sarebbe emersa”.

Per la Procura poi “l’indagato ha ammesso che nel tempo le sue convinzioni si siano così radicate da avere perso lucidità, quasi che l’autore dell’esposto fosse un’altra persona rispetto al Muriana da tutti conosciuto”.

I pm chiedono anche l’archiviazione dalle accuse di avere ostacolato l’indagine sul depistaggio perchè “infondata”, in quanto da parte di Muriana non ci fu nessuna “volontaria omessa trasmissione di informazioni” sulle telefonate di D’Angelo, il cameriere che chiese aiuto alla Prefettura la mattina del 18 gennaio 2017, poche ore prima del disastro, mentre furono gli “agenti prefettizi, al contrario dell’indagato. dolosamente”, ad omettere “di partecipare alla polizia giudiziaria e in definitiva alla Procura” le notizie su quella telefonata. Per la Procura, in sostanza, furono solo gli esponenti della Prefettura a depistare.