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Hotel Rigopiano, la Procura: “D’Alfonso e la Regione determinarono l’isolamento del resort”

Hotel Rigopiano, la Procura: “D’Alfonso e la Regione determinarono l’isolamento del resort”

PESCARA, 6 giugno – Sono stati consegnati questa mattina gli avvisi di garanzia agli ultimi 14 indagati nell’inchiesta sul disastro dell’Hotel Rigopiano di Farindola. Contestualmente gli indagati hanno ricevuto l’invito a presentarsi presso la Procura di Pescara per gli interrogatori. Nella tragedia, causata da una valanga che il 18 gennaio 2017 travolse il resort, persero la vita 29 persone.

Gli indagati, ovvero i vertici dell’amministrazione regionale abruzzese e i funzionari regionali che si sono susseguiti dal 2006 ad oggi, sono accusati, a vario titolo, di omicidio colposo, lesioni colpose e disastro colposo. Sono due i filoni dell’inchiesta sotto la lente del procuratore della Repubblica, Massimiliano Serpi e del sostituto Andrea Papalia: la mancata realizzazione della Carta di localizzazione del pericolo da valanghe (Clpv) e la gestione dell’emergenza. Proprio su questo secondo fronte si concentrano i principali elementi di novità, che chiamano in causa, tra gli altri, direttamente il presidente D’Alfonso.

LA GESTIONE DELL’EMERGENZA

Per quanto riguarda il filone dell’inchiesta sulla gestione dell’emergenza, è questo uno dei passaggi chiave delle accuse formulate dalla Procura, nei confronti del presidente della giunta regionale abruzzese Luciano D’Alfonso, del sottosegretario con delega alla Protezione civile, Mario Mazzocca, del responsabile della sala operativa della Protezione civile, Silvio Liberatore, e del dirigente del servizio di programmazione di attività della Protezione civile, Antonio Iovino:

“Determinavano le condizioni per il totale isolamento dell’Hotel Rigopiano, comunque tali da impedire che la strada provinciale dall’hotel al bivio Mirri, lunga 9,3 chilometri, fosse impercorribile per ingombro neve, di fatto rendendo impossibile a tutti i presenti nell’albergo di allontanarsi dallo stesso, tanto più in quanto allarmati dalle scosse di terremoto del 18 gennaio”.

La procura pescarese – come si legge negli avvisi di garanzia – imputa alla Regione, “nelle persone del presidente della Giunta regionale, dell’assessore con delega alla Protezione civile e dei funzionari sopra indicati”, di avere attivato “tardivamente il Comitato Operativo Regionale per le Emergenze”, peraltro in assenza di piani di emergenza regionali, in località diversa da quella della Sala Operativa.

“Con siffatte condotte colpose, connotate da negligenza, imperizia, imprudenza e violazione di norme di legge, regolamenti, ordini o discipline” – sostiene la Procura – ciascuno degli indagati “concorreva nel cagionare la morte di 29 persone e le lesioni personali, anche gravissime, ad altre 9 persone presenti all’interno dell’Hotel Rigopiano quando questa collassava colpito da valanga”.

I magistrati evidenziano come gli indagati fossero “consapevoli dell’emergenza neve riguardante l’Abruzzo” e in particolare l’area montana della Provincia di Pescara, sulla base delle previsioni meteo, ma anche di segnalazioni e richieste d’intervento. Negli avvisi di garanzia si fa riferimento “agli avvisi di condizioni metereologiche avverse, diffusi dal centro funzionale Abruzzo” e ai “bollettini valanghe emessi dal servizio Meteomont”, che in particolare nell’ultimo, quello del 17 gennaio alle 14, evidenziava “pericolo valanghe di grado tra 3 e 4 per la giornata, e di grado 4, cioè forte, per i successivi tre giorni”.

Inoltre sono citate la nota del capo di gabinetto della prefettura di Pescara, Leonardo Bianco, “inviata il 16 gennaio 2017 a presidenza del Cosngilio dei ministri, ministro dell’Interno e Regione Abruzzo” e il “messaggio multiplo inviato nel pomeriggio del 17 gennaio, alle 19.29, dal sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, al presidente della Regione, Luciano D’Alfonso, al sottosegretario Mario Mazzocca e al presidente della Provincia, Antonio Di Marco, con urgente richiesta di mezzi spazzaneve per la mattina del 18 gennaio per liberare contrade già isolate”.

Infine si parla di “ulteriore consapevolezza della mancata adozione e quindi della totale carenza dei piani di Emergenza Regionale”.

 

LA MANCATA REALIZZAZIONE DELLA CARTA VALANGHE

Furono negligenza, imperizia, imprudenza, e violazioni di norme, leggi e regolamenti, a causare la morte di 29 persone, quando l’Hotel Rigopiano di Farindola fu travolto da una valanga. È questa l’ipotesi accusatoria formulata dalla Procura di Pescara e contenuta negli avvisi di garanzia, in riferimento al filone dell’inchiesta riguardante la mancata realizzazione della Carta di localizzazione dei pericoli da valanga prevista dalla legge regionale 47/1992 in tema di  “Norme per la previsione e la prevenzione dei rischi da valanghe”.

Una legge regionale nella quale “si prevedeva – si legge negli avvisi di garanzia – che a cura del Servizio di Protezione civile della Giunta regionale venisse redatta una Carta di localizzazione del pericolo da valanghe (Clpv) sulla base dei parametri predeterminati dal Coreneva (Comitato tecnico regionale per lo studio della neve e delle valanghe) istituito ai sensi dell’art. 4 della citata legge regionale”.

A giudizio della Procura, la Clpv, “laddove emanata, avrebbe di necessità individuato nella località di Rigopiano un sito esposto a tale pericolo (sia per obiettive evidenti ragioni morfologiche e ambientali sia per documentate vicende storiche)”, mentre la mancata emanazione della carta “ha fatto sì che le opere già realizzate dell’Hotel Rigopiano a seguito dei permessi di costruire del Comune di Farindola in relazione a preesistente manufatto alberghiero, di cui alla richiesta al Comune di Farindola di licenza edilizia in data 6 aprile 1968 e rilascio di licenza d’uso da parte della  Prefettura di Pescara il 12 novembre 1970, non siano state segnalate dal locale sindaco, ai sensi dell’articolo 11 comma 2 della citata legge regionale 47/1992, al Comitato tecnico regionale per lo studio della neve e valanghe”.

Secondo la Procura, tali informazioni, “avrebbero determinato, ad opera del suddetto Comitato, l’immediata sospensione di ogni utilizzo, in stagione invernale, dell’albergo, fino alla realizzazione di idonei interventi di difesa anti valanghiva nonché – in alternativa o in aggiunta alle opere difensive – un valido piano di bonifica preventiva degli accumuli nevosi dell’area di distacco mediante procedure di distacco controllato”.

A giudizio dell’accusa, Del Turco,  Ginoble, Paolini, Srour, Chiodi, Stati,  Giuliante, D’Alfonso e Mazzocca, avrebbero “omesso di intervenire presso i funzionari responsabili del Servizio di Protezione civile, richiedendo e sollecitando tempestivamente l’attuazione e l’esecuzione degli obblighi scaturenti direttamente dalla legge 47/1992 e, in particolare, la redazione della Clpv per tutto il territorio della regione Abruzzo e questo mediante anche la necessaria individuazione delle indispensabili notevoli risorse finanziarie che presupponevano il loro reperimento in forme ordinarie implicanti una specifica volontà politica”.

Pertanto, in cooperazione tra loro e con i funzionari responsabili della Protezione civili indagati, concorrevano “nel realizzare la condizione di assenza delle suddette misure di salvaguardia”, per cui “verificatosi un innevamento di particolare intensità a monte dell’Hotel Rigopiano, cui seguiva una valanga di grandissime proporzioni, la stessa travolgeva tutte le strutture dell’albergo, in quel momento con  presenza di clienti e personale alberghiero, determinandone il crollo in termini di distruzione completa”. Le condotte omissive avrebbero dunque provocato la morte di 29 persone e “lesioni personali, anche gravissime, ad altre nove presone presenti all’interno dell’Hotel”.

Visca, Antenucci e Savini, in concorso con Vittorio Di Biase, Sabatino Belmaggio, Carlo Giovani, Cristina Gerardis, Emidio Primavera, avrebbero invece omesso “di attivarsi affinché venisse dato corso, quanto prima, alla redazione e alla realizzazione della Carta di localizzazione dei pericoli di valanga per tutto il territorio della regione Abruzzo”.

 

GLI INTERROGATORI

Gli interrogatori avranno inizio il prossimo 19 giugno, quando saranno ascoltati Carlo Visca, direttore del Dipartimento regionale di Protezione civile dal 2009 al 2012; Giovanni Savini, direttore dello stesso Dipartimento, per tre mesi, nel 2014; Vincenzo Antenucci, dirigente del Servizio prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013.

Il 20 giugno saranno interrogati l’ex presidente della giunta regionale Ottaviano Del Turco, l’ex vice presidente della giunta Enrico Paolini, gli ex assessori, con delega alla Protezione civile, Tommaso Ginoble e Mahmoud Srour.

Il 21 giugno sarà la volta dell’ex presidente della giunta abruzzese Gianni Chiodi e degli ex assessori alla Protezione civile, Daniela Stati e Gianfranco Giuliante. Il 26 giugno toccherà all’attuale presidente della giunta regionale e senatore Luciano D’Alfonso, e all’attuale sottosegretario alla presidenza della giunta regionale, con delega alla Protezione civile,  Mario Mazzocca.

Gli interrogatori si concluderanno il 27 giugno, quando a comparire davanti ai magistrati saranno Silvio Liberatore, responsabile della sala operativa della Protezione civile, e il dirigente del servizio di programmazione di attività della Protezione civile, Antonio Iovino.

Tra gli ultimi indagati anche l’ex direttore regionale Cristina Gerardis.

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