Hotel Rigopiano, lo sfogo della mamma di Feniello: “Stefano ucciso da interessi economici”
PESCARA, 8 marzo – “Oggi piangono l’economia, dicono di aver subito un danno. Io, invece, lacrime non ne ho più, ho solo un dolore immenso per aver perso Stefano, ucciso da chi, anziché pensare all’incolumità della gente, ha pensato solo all’economia di Farindola”. E’ un fiume in piena Maria Perilli, la mamma di Stefano Feniello, una delle 29 vittime dell’Hotel Rigopiano, che dopo un mese e mezzo si sfoga ed attacca le istituzioni, responsabili di aver “ucciso” chi in quella tragedia ha perso la vita.
Come Stefano, che era arrivato nel resort il giorno prima della tragedia, per festeggiare il compleanno insieme alla fidanzata, Francesca Bronzi. La ragazza – uno degli 11 superstiti – per l’occasione aveva pensato di regalargli un soggiorno nell’hotel. Ai familiari del ragazzo, tra l’altro, era stato detto, per errore, che Stefano era vivo e che sarebbe presto arrivato in ospedale, insieme ad altri quattro superstiti. Ma Stefano in ospedale non è mai arrivato. Per far luce su questa vicenda i parenti del giovane, assistiti dall’avvocato Camillo Graziano, hanno presentato un esposto in procura nei confronti del Prefetto di Pescara, di una funzionaria della Protezione civile e del sottosegretario di Stato Federica Chiavaroli, per capire come mai il nome di Stefano fosse stato erroneamente inserito in una lista contenente i nomi di cinque superstiti.
“Dopo il funerale di Stefano – scrive la donna – ho sentito dire che Farindola e i suoi amministratori sono tristi perché questa tragedia è stata un duro colpo per l’economia del paese. Ecco, proprio quell’economia che mio figlio era andato ad alimentare con quella vacanza, quell’economia che oggi dicono è stata uccisa, ha contribuito ad uccidere mio figlio”.
Poi un passaggio in cui la donna ribadisce come al figlio fosse stato detto più volte che la strada era pulita.
“A causa di quell’economia a Stefano è stato assicurato che c’erano le condizioni per andare a Rigopiano, gli è stato detto di stare tranquillo, la strada è sempre pulita, non ci sono problemi. Ma la strada non era pulita; quando è arrivato la stavano pulendo, ha dovuto aspettare che lo spazzaneve finisse di pulirla e poi, scortato dal Sindaco di Farindola, che gli faceva strada, è salito fino alla sua tomba. Hanno pensato all’economia, a far salire quelle povere persone, a portarle su, a garantire che l’incasso dell’Hotel fosse salvo”.
Nel suo lungo sfogo, la donna racconta l’ultimo incontro con Stefano, nel giorno del compleanno, subito prima della partenza per Rigopiano.
“Il 17 gennaio, il giorno del compleanno di Stefano, l’ho salutato prima che andasse a prendere Francesca per andare in montagna a festeggiare con lei. L’ho salutato dicendogli le solite cose che una mamma dice al proprio figlio quando si allontana – racconta la donna – Non potevo immaginare che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avrei visto e che, dopo più di un mese, mio figlio sarebbe tornato a casa dentro un’urna che raccoglie le sue ceneri. Questo, oggi, è Stefano: cenere. Ora sta a casa, ma non posso più abbracciarlo, baciarlo e guardarlo negli occhi. Posso solo guardare la sua foto, dove continua a sorridere, come faceva sempre. Io invece – sottolinea Maria Perilli – non sorrido più, ho perso la voglia di andare avanti e non faccio altro che pensare a quel giorno maledetto in cui è uscito dalla porta di casa per non tornarci più. Anzi, per tornarci solo dopo più di un mese, dentro l’urna che contiene ciò che è rimasto di lui”.
E alla fine l’attacco alle istituzioni. E i “ringraziamenti”, al sindaco, al presidente della Provincia e al Prefetto.
“Ringrazio il Sindaco di Farindola, che si è preoccupato di aiutare Stefano e tutte le altre persone affinché arrivassero in Hotel, e non si è posto il problema di come quelle stesse persone sarebbero potute andare via il giorno dopo. Mi dicono che non era la prima volta che quell’Hotel rimaneva isolato, che era già accaduto. Quindi, grazie. Ringrazio il Presidente della Provincia di Pescara, che ha lasciato che su quella strada maledetta si accumulasse tutta quella neve senza fare nulla per pulirla. Ringrazio il Prefetto di Pescara, che per una notte mi ha fatto credere che Stefano era vivo e che lo avrei abbracciato ancora, e invece mi ha illuso, rendendo questo incubo ancora più atroce. Stringo le ceneri di mio figlio e li ringrazio”.
Sulla vicenda del nome di Stefano inserito in una lista di cinque superstiti, la famiglia Feniello vuole vederci chiaro. I nomi erano stati comunicati dal Prefetto e dalla funzionaria di Protezione civile, nel pomeriggio di venerdì 20 gennaio, ai parenti dei dispersi in attesa di avere notizie dei propri cari. La mattina successiva, il sottosegretario Chiavaroli, riferisce l’avvocato Graziano, aveva tranquillizzato la mamma di Stefano, dicendole che avrebbe presto rivisto il figlio.
“Vogliamo capire – sottolinea il legale – se si sia trattato di un madornale errore di comunicazione o se vi sia qualcosa di poco chiaro che noi non conosciamo. Francesca ha raccontato che Stefano era vicino a lei, che aveva riconosciuto il suo orologio e che, pur non potendosi muovere, era riuscita a toccare la sua mano. Abbiamo chiesto anche ai soccorritori, ma ci hanno detto che stefano non era nel punto indicato dalla ragazza. Successivamente abbiamo appreso dalla stampa che forse Stefano era a quattro o cinque metri da Francesca. Vogliamo capire perché il nome di Stefano era in quella lista e che sia fatta luce su queste discordanze”.