Hotel Rigopiano, una vittima è morta dopo due giorni. Il messaggio alla famiglia: “Vi amo tutti”
PESCARA, 30 aprile 2017 -Paola Tomassini, una delle 29 vittime del disastro dell’Hotel Rigopiano di Farindola, non è morta sul colpo, ma a distanza di quasi due giorni dal momento in cui la valanga ha travolto l’albergo .
La donna di 46 anni, marchigiana, dopo la valanga è rimasta bloccata sotto le macerie. Ha inviato ai suo familiari 15 messaggi whatsapp e ha provato a fare altrettante telefonate, nel tentativo di chiedere aiuto. Ma a causa del disastro non c’era connessione e i messaggi non sono mai arrivati a destinazione. Sono stati dunque gli inquirenti ad informare i familiari di quanto accaduto.
Il primo messaggio è partito il 18 gennaio alle 16.54, pochi minuti dopo la valanga: “Aiuto”. Pochi istanti dopo: “Sono bloccata dalle macerie, aiutoooo”. Paola ci ha riprovato alle 17.20 e alle 17.26, ma niente da fare. A quel punto, probabilmente, ha iniziato a pensare di non avere più scampo e allora ha deciso di inviare un messaggio d’addio ai suoi familiari: “Vi amo tutti salutami mamma”, insieme ad un emoticon con un cuore.
Da quel momento in poi ha smesso di scrivere, ma ha tentato a più riprese di contattare il 112. Anche in questo caso, niente da fare. L’ultimo tentativo è del 20 gennaio alle 7.37. Ancora una volta tutto inutile. I soccorritori riusciranno a raggiungerla soltanto la sera del 23 gennaio, trovandola con il telefono in mano.
La conferma, su quanto accaduto, è arrivata anche dai familiari di Paola, che ieri hanno fatto sapere in una nota:
“Paola non è morta il giorno 18 gennaio, ma è sopravvissuta per alcuni giorni e ha tentato di inviare messaggi whatsapp con richieste di aiuto e inviato un saluto a tutti i suoi cari”.
Chiedono riservatezza e rispetto. A far valere le loro ragioni, d’ora in poi, sarà il difensore di parte civile Rosanna Polini. E le ragioni della famiglia Tomassini, con ogni probabilità, punteranno all’accertamento delle responsabilità nei ritardi relativi ai soccorsi. D’altronde non si conosce l’ora esatta del decesso, ma è certo che Paola, almeno fino a 40 ore dopo la valanga, era ancora viva.
Se dunque, subito dopo il disastro, dall’Unità di crisi della prefettura avessero prese per buone le richieste d’aiuto di Giampiero Parete e Quintino Marcella, e soprattutto se la strada per Rigopiano, gestita dalla Provincia di Pescara, fosse stata percorribile e se dunque non si fosse persa un’intera nottata per sgomberare la strada dalla neve, forse Paola si sarebbe potuta salvare e forse anche altre persone si sarebbero potute salvare.
Quanto emerso sul decesso di Paola Tomassini, a questo punto, apre nuovi scenari nelle indagini, appesantendo la posizione degli esponenti della Provincia di Pescara, l’ente responsabile della pulizia della strada che portava all’Hotel Rigopiano. Inoltre rischia di finire sotto la lente della Procura anche la posizione della Prefettura di Pescara, che in quei giorni gestiva l’Unità di crisi.
Il procuratore aggiunto Cristina Tedeschini in realtà ha dichiarato di escludere ogni coinvolgimento di dipendenti e rappresentanti di altri enti: stando a quanto riferito dalla titolare dell’inchiesta, i filoni d’indagine riguardano la prevedibilità della valanga e l’iter autorizzativo per la costruzione dell’albergo, ma non il ritardo nei soccorsi. Venerdì scorso, però, gli agenti della squadra mobile di Pescara sono stati negli uffici della Prefettura per acquisire documenti considerati utili per le indagini.