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L’Aquila, otto anni dall’ultimo giorno della vita di prima

L’Aquila, otto anni dall’ultimo giorno della vita di prima

“Oggi sono otto anni dall’ultimo giorno della vita di prima”: Rita si racconta così, come si racconta un amore passato e mai dimenticato. Oggi, otto anni fa, L’Aquila scricchiolava ancora, con pressante pervicacia. Poi il cielo si è capovolto e dall’alba del 6 aprile tutto è stato altro, le cose e le persone.

La vita di prima è un pensiero anomalo per un aquilano, era fatta di posti di cui ci si lamentava ma che avevano un ordine, di rumori fastidiosi ma non di cantieri immensi, era quotidianità ordinaria e non un rincorrere quotidiano la straordinarietà delle cose.

Oggi si fanno i conti con i finanziamenti dello Stato (quanto hanno speso, quanto ci hanno dato, quanto ci hanno tolto) con quello che non c’è più, non con quello che si ha.

Ognuno in questa città ha le sue parole e la sua storia, che si aggrovigliano per raccontare illusioni dismesse e un futuro con prospettive strane da guardare: in effetti è come se il tempo girasse in tondo, invece di andare avanti, avvitato su una ripresa che c’è, ma stenta. E che sia i singoli che la comunità inseguono con difficoltà psicologica oltre che materiale.

Il domani è nascosto in quel passato che si voleva recuperare in tutta fretta e che invece oggi è ancora lì, sospeso nel vuoto di lavori lunghi e di qualche (anche troppi) impegno non rispettato. Il futuro dell’Aquila passa attraverso la sua storia, ma anche per un percorso che pretende la sensibilità di sapersi adattare, la capacità di riempire un vuoto.

Perché quello di otto anni fa non è stato un cambiamento, ma una violenza. Ha portato con sé 309 morti, silenziosi, ma non lontani, che chiedono ancora rispetto e giustizia. E famiglie stanche, ma non rassegnate, che vogliono e devono essere voce di chi hanno perso. Per loro, la vita di prima è ricordo. E basta.

Ecco per un aquilano le 3.32 del 6 aprile sono questo: attraversare ogni volta la notte e pensare che un giorno o l’altro arriverà l’alba. Che nel tempo e nello spazio, da qualche parte, un sette aprile c’è.

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