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Martinsicuro, tentata estorsione: il giudice riqualifica il reato e dispone il non doversi procedere

Martinsicuro, tentata estorsione: il giudice riqualifica il reato e dispone il non doversi procedere

MARTINSICURO, 23 luglio – Erano finiti a processo con l’accusa di tentata estorsione per aver cercato di costringere un’imprenditrice aquilana a cedere il 50 per cento delle somme di una delle sue società ad uno degli imputati e per aver minacciato il compagno della donna, amministratore occulto della società interessata, di sequestrargli le figlie e scioglierle nell’acido per fargli sottoscrivere alcuni assegni a garanzia di un versamento di 100mila euro. Un processo che questa mattina, ad 8 anni dai fatti, si è concluso con la riqualificazione del reato, da parte del giudice Flavio Conciatori, in tentata violenza privata, e una sentenza di non doversi procedere nei confronti degli imputati per difetto di querela di parte (per uno degli imputati e  stato invece disposto il non doversi procedere per estinzione del reato per morte dell’uomo).Davanti ai giudici, per quelle accuse, erano finiti quattro napoletani ed un 53enne di San Benedetto del Tronto, con i fatti contestati che risalivano ad 8 anni fa. Secondo la Procura, infatti, all’epoca, uno dei quattro napoletani dopo aver rilevato dall’imprenditrice, attraverso un prestanome,  il 100 per cento delle quote di una società che presentava un’esposizione debitoria di 450mila euro, avrebbe cercato con il concorso degli altri 4 imputati di entrare in possesso anche del 50 per cento delle quote di una seconda società detenuta dalla stessa donna e questo, come si legge nel capo di imputazione, “allo scopo di ottenere le risorse finanziarie necessarie per il pagamento dei debiti gravanti sulla….” (ndr la prima società interessata dalla cessione di quote). E questo percuotendo l’amministratore uscente della società, anche alla presenza dell’imprenditrice, e costringendolo a predisporre una scrittura privata di cessione delle quote.

Una cessione che però non si sarebbe mai concretizzata in quanto la scrittura non sarebbe mai stata trascritta e questo in quanto qualche giorno dopo la sottoscrizione della scrittura privata la donna avrebbe ceduto tutte le quote della seconda società ad un’altra persona.

A quel punto i cinque imputati, secondo l’accusa, avrebbero costretto il compagno della donna, che la procura riteneva amministratore occulto delle due società, a sottoscrivere 5 assegni per un ammontare complessivo di 23.500 euro “quale garanzia”, si legge ancora nel capo di imputazione, “del versamento della somma di 100mila euro”, necessaria al pagamento del debito della prima società. E questo, sempre secondo la Procura, minacciando l’uomo di sequestrargli le figlie e scioglierle nell’acido.

Accuse per le quali questa mattina il giudice Flavio Conciatori ha disposto il non doversi procedere. Il pm di udienza, il sostituto Laura Colica, aveva chiesto tre condanne.

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