Metanodotto esploso a Pineto, a processo 18 responsabili di Snam Rete Gas
TERAMO, 3 ottobre – Tutti a processo, con la prima udienza fissata per il 10 gennaio davanti al collegio, per l’esplosione di un tratto del metanodotto Ravenna-Chieti, avvenuta a Mutignano di Pineto nel marzo del 2015. A rinviare a giudizio i 18 imputati, tra responsabili tecnici ed amministrativi di Snam Rete Gas, il gup Marco Procaccini. Nel corso dell’udienza preliminare, che si è svolta questa mattina, il pm Silvia Scamurra, titolare del fascicolo, aveva chiesto il non luogo a procedere per diverse posizioni.
La richiesta di rinvio a giudizio era arrivata circa un anno fa, al termine di una lunga e corposa indagine nel corso della quale investigatori ed inquirenti avevano passato al setaccio l’intera documentazione amministrativa e tecnica relativa alla progettazione, posa in opera, manutenzione e monitoraggio del tratto di metanodotto esploso, della sovrastante rete elettrica e delle abitazioni interessate dall’evento, con i relativi accertamenti tecnici (sopralluoghi, indagini geotecniche e sui materiali) affidati ad un collegio di esperti con l’obiettivo di verificare se l’esplosione fosse stata causata e dalla frana che si era registrata il giorno della deflagrazione (e che si era verificata dopo due mesi di costanti piogge in un’area classificata a moderato rischio idrogeologico) o se ci fossero state anche condotte negligenti ed imperizia da parte delle varie società interessate.
Condotte negligenti che la Procura aveva ravvisato a carico di 21 responsabili tecnici ed amministrativi di Snam Rete Gas (con tre posizioni inizialmente stralciate per difetto di notifica e successivamente archiviate) ed individuato in particolare nelle modalità con cui nel 2010 furono realizzati alcuni lavori volti ad eliminare lo stato di tensione della condotta già emerso negli anni precedenti.
Secondo quanto emerso nelle indagini, infatti, le costanti attività di monitoraggio svolte dalla società sulle tubature avrebbero messo in luce, già nel 2008, come la condotta, nel tratto successivamente esploso, si fosse alzata di circa 26 centimetri rispetto al 2001, evidenziando dunque uno stato di tensione del tubo legato ai movimenti del terreno. Una situazione in cui in realtà l’azienda, correttamente, avrebbe predisposto un relativo piano di interventi volto a sgravare tutto quello stato di tensione dalla tubatura, interventi che però, all’atto della realizzazione nell’estate del 2010, sarebbero stati effettuati in maniera difforme a quanto preventivato.
Sotto accusa, in particolare, la mancata realizzazione di un sistema di drenaggio dell’acqua, giustificata con il fatto che all’atto degli scavi, nel mese di agosto, non fosse stata rilevata la presenza di acqua. Ma non solo. Perché, secondo quanto emerso nel corso delle indagini, nonostante già nel 2008 fossero state evidenziate due deformazioni della condotta, una in corrispondenza del tratto esploso e l’altra in corrispondenza del tratto dove si verificò la frana del 6 marzo, le corde estensimetriche che avrebbero dovuto consentire un attento monitoraggio della situazione rispetto ai movimenti del terreno, sarebbero state posizionate in maniera errata, così come secondo i consulenti della Procura sarebbe stata valutata in maniera sbagliata la natura della deformazione scoperta lungo il tratto interessato. Infine, sempre secondo l’accusa, sarebbe mancata anche la predisposizione, da parte dell’azienda, di ulteriori misure atte a controllare i movimenti del terreno come l’installazione dei piezometri.
Aspetti che, in occasione della frana di marzo 2015, avrebbero portato all’eplosione del tratto interessato.
Dal processo, dopo aver trovato un accordo, sono uscite le parti civili che si era inizialmente costituite: Wwf, Legambiente, Comune di Pineto e tre privati cittadini.
“In merito alle decisioni assunte dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Teramo nel processo sull’evento verificatosi nel marzo del 2015 nella città di Pineto – scrive Snam in una nota – Snam è convinta dell’estraneità alle accuse dei propri colleghi. La società esprime fiducia nell’esito del procedimento e confida che venga accertata la correttezza delle attività poste in essere”.