Pescara, omicidio Jennifer: difesa punta su abbreviato e perizia psichiatrica
PESCARA, 6 luglio – Rito abbreviato con perizia psichiatrica per Davide Troilo, il 33enne accusato di omicidio volontario pluriaggravato per l’assassinio, il 2 dicembre scorso, dell’ex fidanzata Jennifer Sterlecchini di 26 anni, e che sulla base di una perizia di parte già depositata sarebbe risultato “parzialmente capace di intendere e di volere al momento del fatto”.
A deciderlo, questa mattina, il gup Nicola Colantonio, che ha anche ammesso in qualità di parti civili la madre e il fratello della vittima, oggi presenti in aula e assistiti dai legali Rossella Gasbarri e Roberto Serino, insieme alla Regione Abruzzo, al Comune di Pescara e all’associazione Ananke, attiva nella lotta contro la violenza sulle donne.
Questa mattina, alla prima udienza del processo, ha preso parte anche l’imputato, difeso dall’avvocato Giancarlo De Marco: vestito con una giacca blu e circondato per tutto il tempo dagli agenti della polizia penitenziaria, Troilo ha tenuto la testa bassa durante le oltre due ore di udienza e non ha mai incrociato lo sguardo della madre e del fratello della vittima.
Fuori dall’aula erano presenti anche la nonna di Jennifer e un folto gruppo di amiche e amici della ragazza uccisa.
L’udienza è stata aggiornata al prossimo 28 settembre e in quell’occasione si procederà alla nomina del perito che effettuerà la perizia psichiatrica.
LA NONNA DI JENNIFER
Queste le parole di Filomena Paolini, la nonna di Jennifer Sterlecchini, questa mattina a Pescara, al termine della prima udienza preliminare sull’omicidio della nipote 26enne:
“Voglio che il giudice pensi se fosse stata sua figlia, dopo averla cresciuta fino a 26 anni”.
La donna è rimasta fuori dall’aula, mentre all’interno c’erano la madre e il fratello della vittima, oltre a Davide Troilo, il 33enne accusato di omicidio volontario pluriaggravato:
“Non mi fa nessun effetto sapere che lui è a pochi metri da me. Forse mi fa rabbia, vorrei sapere perchè l’ha fatto, ma so già che non ci sono risposte e che lui non potrà mai darci delle risposte”.
La donna spiega di aspettarsi “una sentenza giusta e umana”:
“Questa sentenza per me assume un doppio significato rispetto a quello che lei ha dovuto soffrire, ma deve rappresentare anche un segnale per tutte quelle persone che pensano di poter fare le cose senza avere la pena giusta”.
LE DICHIARAZIONI DEI LEGALI
Questo il commento dell’avvocato Rossella Gasbarri, avvocato di parte civile per conto della madre di Jennifer, Fabiola Bacci, al temine della prima udienza del procedimento a carico di Davide Troilo:
“Siamo fiduciosi che alla fine l’imputato ottenga la giusta punizione. In aula c’è stato un clima molto sereno, soprattutto grazie ai familiari di Jennifer che hanno tenuto un comportamento estremamente dignitoso”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Roberto Serino, legale di Jonathan Sterlecchini, fratello di Jennifer:
“Sia noi che i familiari , abbiamo la massima fiducia nella giustizia”.
Giancarlo De Marco, legale di Davide Troilo, ritiene invece che:
“sarebbe un’ingiustizia se il mio assistito prendesse 30 anni, in quanto non sussistono le aggravanti della premeditazione”, ovvero la premeditazione e i futili motivi.
Il legale dell’imputato spiega inoltre che:
“la perizia di parte evidenzia come Troilo fosse solo parzialmente capace di intendere e di volere nel momento dell’omicidio, per una lunga serie di cause legata ad una personalità particolare”. Un aspetto che adesso dovrà essere approfondito dal perito che sarà nominato dal giudice il prossimo 28 settembre.
De Marco si era anche opposto alle richieste di costituzione di parte civile del Comune di Pescara, della Regione Abruzzo e dell’associazione Ananke, ma il gup ha accolto le richieste:
“Mi sono opposto in quanto la Regione ha presentato delle argomentazioni molto generiche legate ad un presunto danno d’immagine, come pure il Comune, la cui richiesta sarebbe stata plausibile se almeno avesse messo in campo delle particolari politiche contro la violenza sulle donne. Per quanto riguarda la richiesta dell’associazione Ananke, innanzitutto non si tratta di femminicidio, in quanto in precedenza non c’erano mai stati maltrattamenti o violenze, e dunque non è un delitto di quella tipologia. Al limite avrei compreso la loro costituzione come parte civile qualora avessero precedentemente compiuto un intervento sul caso specifico”.