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Popolare di Bari tra inchieste e ristrutturazioni. Cgil: “Banchieri responsabili”

Popolare di Bari tra inchieste e ristrutturazioni. Cgil: “Banchieri responsabili”

L’ultima bufera giudiziaria sul sistema bancario italiano, che sta investendo in questi giorni la Popolare di Bari, con la lente d’ingrandimento degli investigatori puntata soprattutto su presunte irregolarità nei bilanci ed in particolare sulla fase di acquisizione di Banca Tercas, arriva a meno di un mese dalla chiusura, sempre all’interno della BpB, di un accordo di ristrutturazione lacrime e sangue sottoscritto da Fabi, Fisac Cgil, Unisin-Sinfub e Ugl Credito ma non da First Cisl e Uilca Uil.

Due vicende distinte ma che agitano i sonni di lavoratori e sindacati, oggi ancora più preoccupati per gli scenari futuri, per le eventuali ripercussioni sulla governance e di conseguenza per le  eventuali ricadute sugli accordi sindacali, per il futuro di un territorio, quale quello abruzzese, per il quale l’incorporazione di Tercas e Caripe avrebbe dovuto rappresentare una svolta positiva.

“E’ chiaro che siamo preoccupati per i risvolti che questa inchiesta potrebbe avere – commenta il segretario regionale della Fisac Cgil Francesco Trivelli – perché quando ci sono situazioni che possono mettere in discussione una governance i problemi possono essere diversi. Ad oggi non sappiamo cosa succederà. Certo è un momento difficile anche per quanto concerne la comunicazione alla clientela, siamo di fronte ad un argomento sensibile”.

Trivelli, pur senza entrare nel merito dell’inchiesta che sta coinvolgendo la Popolare di Bari, sottolinea come di fronte all’attuale crisi delle banche le responsabilità dei banchieri siano evidenti e come la stessa Cgil in più occasioni ed in diverse situazioni, anche relative alla vecchia Banca Tercas, abbia più volte evidenziato criticità.

“Effettivamente mi piacerebbe che si facesse più luce su quanto successo in passato, non solo in Popolare di Bari ma in tutte le banche – ha continuato – Ci sono responsabilità evidenti nel mondo dei banchieri. Di fronte alle possibili ripercussioni io credo che il nostro compito sia quello di salvare il salvabile, tutelando i lavoratori”.

Una tutela, quella dei lavoratori, che per  la Cgil parte proprio da quell’accordo firmato all’inizio del mese e duramente osteggiato da Cisl e Uil, che hanno stigmatizzato con toni durissimi la firma apposta dalle altri organizzazione sindacali.

“Si è trattato di un accordo difficile, complicato, che toglie molto, ma era l’unico possibile – ha detto Trivelli – e che arriva in un momento in cui molte banche sono in difficoltà. Tanto che in altre situazioni le stesse sigle che oggi contestano l’accordo, ne hanno sottoscritto di ben più pesanti. E lo sappiamo perché li abbiamo sottoscritti insieme. Noi, con coraggio, abbiamo detto che si doveva prendere un treno, un treno che non sappiamo dove ci porterà. Era il momento di dare un segnale e ci sorprende che Cisl e Uil abbiano adottato un irrigidimento tale e un atteggiamento così virulento”.

Trivelli sottolinea come si partisse da una procedura pesantissima, in cui la banca aveva dichiarato di voler  effettuare un taglio sui costi per il personale di 30 milioni di euro su base annua, con 504 dipendenti in esubero e il ricorso a  licenziamenti collettivi.

“Vorrei ricordare il passato di Tercas e Caripe – ha commentato il sindacalista – All’epoca abbiamo  urlato contro quello che accadeva, all’epoca qualcosa si poteva fare e non è stato fatto molto.  Eravamo in presenza, e parlo per Banca Tercas, di una banca sana che è stata distrutta scientificamente. Noi abbiamo fatto il possibile. oggi dobbiamo ricostruire ed è diverso”.

Fu proprio la Cgil già nel 2012,  lanciare l’allarme inascoltato su Banca Tercas, e mettendo sul tavolo la questione di una governance dove il potere era “nelle mani di pochi”. Ma oggi, per Trivelli, bisogna guardare al futuro.

“Non stiamo salvando i banchieri ma i lavoratori. Oggi siamo di fronte ad un’unica banca, la più grande del centrosud dove abbiamo siamo riusciti, grazie a quell’accoriamo, ad evitare i licenziamenti collettivi, la chiusura delle sedi di Pescara, Potenza, Teramo – ha concluso –   Oggi si parla solo di esternalizzazioni. E’ un accordo difficile, ma poteva andare peggio. Si farà la solidarietà, ma credo che firmare quell’accordo sia stata la cosa giusta”.

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