Processo per i tetti di spesa alle cliniche private: Chiodi e Venturoni rinunciano alla prescrizione
PESCARA, 11 ottobre – Va avanti il processo sui tetti di spesa alle cliniche private e va avanti dopo la rinuncia alla prescrizione dell’ex presidente della giunta regionale Gianni Chiodi e dell’ex assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni. Gli altri imputati, l’ex sub commissaria alla sanità Giovanna Baraldi e due tecnici dell’agenzia per i servizi regionali, Francesco Nicotra e Lorenzo Venturini hanno invece deciso di avvalersi del dirittto. Le accuse, a vario titolo, sono di falso, violenza privata e abuso d’ufficio.
Al centro della vicenda i contratti delle case di cura che, secondo l’accusa, sarebbero stati estorti agli imprenditori della sanità privata con la minaccia del disaccreditamento. Il procedimento ha preso il via da un esposto di Luigi Pierangeli, imprenditore della sanità privata a capo del gruppo Synergo.
Secondo l’accusa, rappresentata dal pm Andrea Papalia, Chiodi, in qualità di ex commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi della sanità, avrebbe fatto firmare alle cliniche private contratti di prestazione di assistenza ospedaliera collegando la firma al pagamento dei crediti che le cliniche vantavano nei confronti della Regione.
A fronte dei tagli, alle cliniche sarebbe stato promesso un recupero attraverso incentivi legati alle cure di pazienti non abruzzesi. Ma, secondo le cliniche Pierangeli e Spatocco, che si sono costituite parte civile nel procedimento, la promessa del recupero fatta da Chiodi e dalla Baraldi si sarebbe rivelata un “falso”.
Nella prossima udienza, in programma il 16 gennaio, saranno ascoltati i primi testimoni dell’accusa: Luigi Pierangeli, Antonella Gigante e Concetta Petruzzi. Il 31 gennaio sarà la volta degli altri testimoni citati dal pm Papalia.
Così l’ex presidente Chiodi ha spiegato la sua scelta:
“Non deve rimanere neanche un’ombra sull’opera di normalizzazione che abbiamo fatto, in termini anche etici, di quello che era il sistema perverso riguardante il rapporto tra sanità privata e amministrazione pubblica. So quello che è accaduto e so che in Abruzzo non si firmavano i contratti con le cliniche private. Io nel 2010 pretesi che quei contratti si facessero e da lì si è scatenato il finimondo. L’azione svolta negli anni in cui sono stato presidente e commissario alla Sanità, per la normalizzazione in termini moralizzatrici del sistema della sanità privata, non poteva concludersi con un dubbio e se io avessi fatto ricorso alla prescrizione avrei potuto lasciare adito, a coloro che invece erano stati moralizzati, di poter dire che invece questa moralizzazione non era stata corretta”.
Chiodi aggiunge:
“Ho fiducia nella giustizia e nella magistratura giudicante e, poiché so di non avere fatto nulla che non fosse nell’interesse generale di un necessario risanamento economico, finanziario, giuridico e anche morale del sistema della sanità privata in Abruzzo, sono convinto che questa sia anche l’occasione per parlarne e per spiegare bene quali erano i vulnus e i problemi, che hanno originato certe scelte, poi convalidate dal Consiglio di Stato, e anche per sottolineare il giudizio incomprensibile della conclusione delle indagini preliminari, che hanno motivato la richiesta di rinvio a giudizio sulla base di varie sentenze che erano già state cassate, senza che se ne facesse menzione”.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’ex assessore Lanfranco Venturoni:
“Credo possa essere l’occasione per consentire, sia ai magistrati che all’opinione pubblica, di conoscere quale è stata la storia della Sanità in Abruzzo, soprattutto nei rapporti tra sanità privata e pubblica amministrazione, che hanno portato la Regione al disastro economico. Una persona che è sicura della propria innocenza e di non avere fatto nulla, non può che accettare il processo in maniera chiara, limpida e senza paura di dire come stanno le cose, e anzi può essere l’occasione per chiarire meglio i rapporti tra le cliniche private e la Regione Abruzzo, a partire dal 1995, ovvero da quando ho iniziato il mio lavoro con una Commissione d’inchiesta sui rapporti tra case di cura private e Regione”.