Teramo, la vigilessa non violò il segreto: ecco perché è stata assolta
TERAMO, 11 luglio – Non solo la denuncia-querela non costituisce un atto di un procedimento penale coperto da segreto, ma non vi sarebbe alcuna prova che a fornirla a blogger e giornalista sia stata la vigilessa Anna Capponi. A stabilirlo, nelle motivazioni con cui ha assolto la Capponi dal reato di “pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale” il giudice Antonio Converti che, oltre a richiamare la sentenza della Corte di Cassazione, che aveva annullato la condanna inflitta in primo a grado al giornalista Fabio Capolla e al blogger Giancarlo Falconi, è entrato nel merito delle accuse rivolte alla vigilessa.
Anna Capponi era finita a processo con la Procura che le contestava di aver fornito a giornalista e blogger “dettagliate notizie o addirittura copia della querela da lei presentata” contro il comandante dei vigili urbani di Teramo per presunte molestie sessuali (accusa, quella nei confronti del comandante, archiviata dal gip).
Mentre i due coimputati avevano scelto il rito abbreviato la vigilessa aveva affrontato il processo con rito ordinario, con il giudice Converti che il 6 giugno l’aveva assolta con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Nelle motivazioni, depositate qualche giorno fa, il giudice non si ferma però alla sentenza della Corte di Cassazione, che andava ad incidere o oggettidirettamente sulla posizione processuale della donna, facendo venir meno l’elemento oggettivo del reato.
“Ciò posto, reputa questo giudicante – scrive il giudice nelle motivazioni – che, pur assodato che la pubblicazione della denuncia querela non integra il reato di cui all’art. 684 cp. alla luce dell’istruttoria svolta non è stato affatto chiarito se tale documento (di carattere privato) sia stato consegnato ai giornalisti Capolla e Falconi proprio dall’imputata”.
Il magistrato sottolinea come le indagini svolte dalla polizia giudiziaria e sulla base delle quali è stato costruito l’impianto accusatorio, si sviluppassero fondamentalmente lungo due direttrici: l’amicizia o comunque la conoscenza tra Capponi, il blogger e il giornalista, provato dall’accertamento sui tabulati telefonici, e dal fatto che risultassero amici su Fb, e il fatto che il giorno precedente alla pubblicazione della notizia fossero intercorse delle telefonate tra i tre.
“Con riferimento alla prima direttrice non v’è dubbio che tra Capponi Anna da un lato e Fabio Massimo Capolla e Ginacarlo Falconi dall’altro all’epoca dei fatti, vi fosse una conoscenza” scrive ancora il giudice, che aggiunge anche come sia vero che il giorno prima della pubblicazione della notizia siano “intercorsi numerosi contatti telefonici” tra Capponi e Capolla e Falconi, che “peraltro in base agli accertamenti svolti dal consulente di parte…per la gran parte erano meri tentativi di contatti telefonici, non andati a buon fine“, ma tali elementi da soli non sarebbero sufficienti a “confermare il teoerma accusatorio”.
“Forti perplessità, infatti – conclude il giudice nelle motivazioni – si nutrono circa il reale interesse della signora Capponi a divulgare (peraltro a distanza di circa due mesi dalla presentazione) il contenuto della denuncia querela contro il comandante della polizia municipale di Teramo, che, per la scabrosità del suo contenuto e per la notorietà locale dei soggetti coinvolti avrebbe avuto – come di fatto ha avuto – una notevole risonanza mediatica, provocando uno sconvolgimento della vita della denunciante e del proprio nucleo familiare (tra cui un figlio minorenne)”.
Soddisfatto il legale di Anna Capponi, l’avvocato Serena Gasperini, che ha sottolineato come adesso tornerà a sollecitare “l’archiviazione del procedimento disciplinare aperto dal Comune nei confronti della mia assistita in relazione a questo procedimento giudiziario”.
“Sono molto contenta perché è stato fatto un ulteriore passo avanti – ha commentato la vigilessa Anna Capponi – anche se la strada è ancora lunga visto tutto quello che ho subito nel corso di questi lunghi mesi”.
In seguito alla vicenda della denuncia contro il comandante la vigilessa aveva subito un primo procedimento disciplinare che si era concluso con il licenziamento. Licenziamento che era stato impugnato davanti al giudice del lavoro, che l’aveva reintegrata in servizio.