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Referendum, parla D’Alfonso: “Ci rivediamo tra 29 mesi per le regionali”. Tre spine per il governatore

Referendum, parla D’Alfonso: “Ci rivediamo tra 29 mesi per le regionali”. Tre spine per il governatore

PESCARA, 5 dicembre – Ieri sera, non appena è stato chiaro che il No aveva vinto, in Abruzzo gli esponenti dell’opposizione al governo regionale hanno pronunciato un solo nome: quello del governatore Luciano D’Alfonso, in alcuni casi arrivando ad invocarne le dimissioni. D’altronde Renzi aveva puntato forte sul referendum e D’Alfonso aveva puntato forte su Renzi, dando vita ad una campagna a tappeto in Abruzzo, che ha pochi precedenti in regione e che in alcuni casi ha superato i limiti della correttezza istituzionale. La sconfitta, che in Abruzzo ha premiato il No con quasi 5 punti al di sopra della media nazionale, è dunque anche un chiaro segnale per D’Alfonso, che ieri è rimasto in silenzio per tutta la nottata.  mentre questa mattina  ha affidato il suo pensiero ad una nota.

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“Gli italiani si sono espressi contro la riforma costituzionale proposta dal governo Renzi, e di questo bisogna prendere atto – scrive D’Alfonso nella nota  -. Il premier, con un discorso di altissimo livello, ha comunicato la sua intenzione di rassegnare le dimissioni da capo dell’esecutivo. Ora sarà il Presidente Mattarella a tracciare il percorso istituzionale da seguire”.

Subito dopo il governatore rivendica la scelta di scommettere su Renzi e sul Sì:

“Ho sostenuto con tutte le mie forze il progetto riformatore e l’esperienza di governo di Matteo Renzi, e se potessi tornare indietro lo rifarei persino con maggiori energie, perché sono convinto della bontà di quanto veniva proposto. Sostengo ancora di più la sua attività, poiché ogni volta che c’è stato un problema lo abbiamo sempre trovato presente come persona e come istituzione”.

Infine la parte più interessante e densa di messaggi:

“Adesso si riparte dai voti espressi a livello nazionale e territoriale senza perdere una sola ora di tempo. Ci vediamo tra 29 mesi per il giudizio che gli abruzzesi dovranno esprimere sull’operato e sulle decisioni della Giunta regionale. Naturalmente alle elezioni territoriali metteremo in campo il lavoro straordinario di una grande coalizione, nella quale i protagonisti cresceranno a vista d’occhio”.

Come a dire, ai suoi oppositori, che il risultato del referendum non cambia nulla e che non si facessero illusioni, perchè la sua squadra di governo arriverà dritta a fine mandato. Non solo, D’Alfonso già si proietta verso le prossime regionali, che si terranno tra due anni e mezzo, e fa sapere che anziché indebolirsi, la sua coalizione è pronta ad ampliarsi e a rafforzarsi.

Di certo una vittoria del Sì avrebbe spianato un’autostrada per D’Alfonso in vista delle prossime elezioni, così come sarebbe stato per Renzi guardando alle prossime politiche. Il punto, infatti, non è legato tanto alle conseguenze generate nell’immediato dalla vittoria del No, ma allo scenario che si sarebbe prefigurato con la vittoria del Sì. Per D’Alfonso, ad ogni modo, le cose si complicano su tre fronti:

1) Un primo aspetto è legato all’erosione del consenso. D’Alfonso, evidentemente, immaginava di esercitare un controllo molto più stringente sul territorio e invece oggi scopre che la realtà è mutata: la sua sovraesposizione degli ultimi mesi, tra parate con Renzi e i suoi ministri, convegni, incontri e comizi, chiamate alle armi dei sindaci, inaugurazioni di opere ancora lontane dal vedere la luce e campagne aggressive a colpi di lettere e telefonate preregistrate, non ha sortito effetti. D’Alfonso che invita ai sindaci a “scatenarsi”, insomma, deve prendere atto che gli elettori abruzzesi non amano atteggiamenti “scatenati” e sarà costretto ad amministrare la regione con fare più accorto e meno spregiudicato. Inoltre ci sarà da recuperare il rapporto con quella piazza che, nel giorno di chiusura della campagna referendaria a Pescara, lo ha lasciato solo in compagnia di due ministri, una brava cantante e una settantina di attivisti della Coldiretti.

2) La seconda questione ha invece a che fare con il sistema delle alleanze: se il Sì avesse vinto, l’alleanza con Ncd avrebbe subito una forte accelerazione sia a livello nazionale che a livello regionale. Non è un caso se negli ultimi mesi D’Alfonso ha vissuto praticamente a braccetto con il sottosegretario Federica Chiavaroli. L’allargamento della maggioranza al consigliere regionale Giorgio D’Ignazio, a quel punto, sarebbe stata una pura formalità. Inoltre la logica del carro vincente avrebbe solleticato anche altri appetiti e c’è da scommettere che la coalizione del governatore si sarebbe pian piano allargata a dismisura, come insegna il metodo-Pescara. La vittoria del No, invece, rimescola le carte, perchè a livello nazionale c’è un ampia porzione di Ncd che punta alla ricomposizione con Berlusconi, resuscitato dall’esito del referendum. A questo punto, dunque, anche a livello territoriale il quadro si complica e D’Alfonso non è più percepito come il carro armato in grado di spianare qualsiasi avversario.

3) C’è infine l’incognita legata alle dinamiche interne al Partito Democratico, che nei prossimi mesi vivrà una fase di grande fibrillazione, con l’intera area della minoranza dem che cercherà di capitalizzare l’insuccesso del premier e che potrebbe fare proseliti anche in periferia, facendo leva su malcontenti e insofferenze locali. Su questo piano acquisisce potere contrattuale l’assessore regionale Donato Di Matteo, che insieme al collega Andrea Gerosolimo e al presidente della commissione Sanità Mario Olivieri, ha avviato una dura battaglia in Regione, puntando il dito contro l’operato della giunta D’Alfonso. La negoziazione è iniziata una decina di giorni prima del voto e Di Matteo l’ha congelata in attesa dell’esito del referendum. Adesso potrà tornare alla carica più forte di prima.

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