Rigopiano, “rischio prescrizione”. L’allarme del legale che difende i familiari delle vittime
PESCARA, 6 febbraio – Lancia l’allarme sul rischio prescrizione l’avvocato Romolo Reboa, che insieme ai legali Maurizio Sangermano e Gabriele Germano assiste Giampaolo Matrone, superstite del disastro dell’Hotel Rigopiano, e i familiari di Valentina Cicioni, Marco Tanda e Jessica Tinari, tre delle 29 vittime della tragedia avvenuta il 18 gennaio scorso a Farindola, quando una valanga ha travolto la struttura alberghiera.
Il legale nei giorni scorsi è stato in Procura a Pescara, per incontrare il procuratore aggiunto Cristina Tedeschini e il pm Andrea Papalia, i magistrati che hanno aperto il fascicolo per disastro colposo e omicidio plurimo colposo, sul disastro dell’albergo di Rigopiano:
“Ho voluto guardare negli occhi i magistrati della Procura e mi sono trovato davanti due persone molto capaci, con le quali ho instaurato un ottimo rapporto e nei quali nutro grande fiducia. L’incontro mi ha lasciato molto soddisfatto e l’intenzione di tutti è che il processo non si disperda in mille rivoli e in mille rinvii. E’ infatti una situazione pericolosa, perché esiste il rischio concreto che un processo di questa portata e di questa complessità duri molto, con la prescrizione che per questi reati scatta dopo appena 5 anni più altri 2 anni e mezzo”.
Reboa mette in luce ulteriori particolari legati al rischio-prescrizione:
“Purtroppo la competenza per questi reati è del tribunale monocratico e con tante parti civili e i vari reati aggiuntivi che potrebbero essere ipotizzati, la situazione diventa davvero delicata. Per questo anche noi avvocati dovremo essere veloci e capire che anche una parola in più potrebbe essere sbagliata, in quanto esigerebbe una risposta in più. Sarebbe forse il caso di coordinarci, io lavoro con tre colleghi e noi siamo pronti ad associarci con gli altri avvocati che prenderanno parte a questo processo, anche per dare vita ad eventuali azioni di altro tipo, come richieste di provvedimenti straordinari nei confronti della Provincia o del Parlamento, per risarcire le famiglie delle povere vittime. D’altronde considerando che ogni deceduto ha in media quattro familiari, sarebbe certamente utile e agevole un certo livello di coordinamento, in modo da ottimizzare il lavoro ed i tempi”.
Poi l’avvocato entra nel merito della vicenda e riserva parole dure nei confronti delle istituzioni:
“Qui siamo in presenza di un macrosistema, che è quello della Protezione civile, che nel suo complesso non ha funzionato, e ora toccherà a tutti noi, nel processo, andare ad individuare le varie responsabilità. Dai video e dalle fotografie allucinanti che ho visto, e dalle testimonianze che ho raccolto, ho maturato delle certezze: la Provincia e il sistema della Protezione civile sono responsabili. Quelle persone sono state fatte prigioniere e sono diventate prigioniere anche perché sono state fatte salire. Mi aspettavo già qualche tipo di provvedimento amministrativo o qualche indagine interna, per dare un qualche segnale di giustizia, e invece sembra si voglia far passare che quello che è successo è un fatto inevitabile. Invece non è così, perché la Provincia era obbligata dalla legge a tenere aperta la strada e la Protezione Civile non è il Pronto soccorso e aveva il compito di intervenire prima”.
Non tutte le relazioni sulle autopsie sono già arrivate sul tavolo dei magistrati, ma dalle prime indiscrezioni sembra che la maggior parte delle vittime sia morta sul colpo per schiacciamento:
“Conta poco che le persone siano morte sul colpo o meno, perché quelle persone non dovevano essere rese prigioniere. Io ho degli sms mandati da persone che due minuti prima della valanga erano vive e continuavano a dire di volere andare via”.
Infine Reboa riserva una frecciata a Vincenzo Lupi, il dirigente del 118 che pochi minuti dopo la tragedia, dal Centro di coordinamento della prefettura di Pescara, parlò con il direttore dell’hotel Bruno Di Tommaso e sulla scorta delle rassicurazioni fornite da quest’ultimo, che però non si trovava a Rigopiano, concluse che non c’era stata alcuna valanga, finendo per contribuire a ritardare l’invio dei soccorsi:
“La conversazione della telefonata tra Lupi e il direttore dell’hotel è scandalosa ed è la prova di come non abbia funzionato il servizio d’emergenza. Inoltre, da cittadino, mi chiedo: come è possibile che Lupi sia ancora al suo posto ? Forse se qualcuno non avesse giocato a ‘Mi manda Picone’ e avesse svolto seriamente il suo compito, i soccorsi sarebbero potuti partire prima, ma questo non lo so e spetta alla Procura accertarlo”.