Spunta fuori un documento del 2015, la Regione Abruzzo scriveva: “I coronavirus sono un rischio”
PESCARA, 4 aprile – “I coronavirus sono un esempio di virus che hanno effettuato il salto di specie”. E’ quanto si legge nel Piano di Prevenzione 2014-2018 della Regione Abruzzo, in cui l’ente scriveva che “le infezioni da Sars CoV, Mers CoV, nuovi ceppi influenzali a trasmissione umana, l’influenza aviaria H7N9 e le infezioni da Ebola virus alimentano il burden delle malattie infettive e sono causa di elevato livello di attenzione al livello globale”. In base al Piano la Regione doveva approvare entro il 2016 una “delibera regionale per l’adozione di un Piano permanente per la gestione delle emergenze infettivologiche ed in particolare per l’adeguata diagnosi e presa in carico dei pazienti con infezioni diffusive per via aerea”.
Per la Regione, in sintesi, bisognava “introdurre un piano di risposta generale regionale alle grandi emergenze infettive per poterle contenere, circoscrivere la loro trasmissione e mantenere in sicurezza gli operatori sanitari coinvolti nelle procedure di assistenza e di cura”.
Il Piano di Prevenzione fu approvato nel 2015, modificato nel 2016 e poi prorogato anche per il 2019 nel 2018. Nel confermare che quella delibera non c’è mai stata, fonti della Regione sottolineano che lo scopo doveva essere una “gestione omogenea all’interno delle Asl” e che oggi “nella prassi e nell’organizzazione” viene fatto tutto ciò che è necessario e che il Piano permanente avrebbe potuto prevedere.
Nel documento la Regione scriveva che “un livello di guardia costantemente elevato permette, a costi comunque strutturali e contenuti, una migliore potenzialità di risposta ad eventuali evenienze emergenti di rischio” consentendo, grazie alle capacità di monitoraggio e risposta “di evitare tassi elevati di trasmissione in caso di esposizioni a rischio, ridurre la mortalità e la stessa morbilità associata alle emergenze infettive. Lo sviluppo di piani aggiornati di preparazione e risposta intersettoriali in grado di identificare rapidamente e contenere tempestivamente le emergenze infettive e la disponibilità di piani e presidi, sia generici che specifici per patologia infettiva – si legge ancora – è pertanto un obiettivo da perseguire per una risposta di sanità pubblica efficace”.
“Le epidemie di infezioni di nuovi agenti infettivi e delle infezioni riemergenti, oltre a provocare l’aumento della mortalità, provocano l’impoverimento delle risorse degli Stati a causa dell’alto tasso di ospedalizzazioni e della necessità di cure ed assistenza spesso costose ed intensive”, prosegue il Piano di prevenzione.
“In assenza di un vaccino prontamente disponibile e di farmaci efficaci – scrivevano gli esperti – le uniche misure di sanità pubblica per il controllo dell’epidemia sono rappresentate da strategie di identificazione e contenimento, incluso l’isolamento o quarantena dei casi accertati per la prevenzione della trasmissione interumana”.
“Il punto chiave in questi sforzi – si legge – è rappresentato dall’esistenza di strumenti per la diagnosi precoce e per la immediata presa in carico dei pazienti, dall’esistenza di sistemi di sorveglianza che forniscano accesso immediato alle informazioni sul numero di nuovi casi clinici, dalla ricerca della fonte di esposizione, dalla possibilità di produrre farmaci e/o vaccini attivi. Per i casi accertati devono essere messi in atto provvedimenti sanitari che vanno dall’isolamento alle cure assistenziali di base”.
Oltre all’approvazione del “Piano permanente per la gestione delle emergenze infettivologiche” entro il 2016, il Piano di Prevenzione prevedeva di ispezionare “tutte le UO di Pronto Soccorso della Regione, ed in tutte identificate aree di sicurezza e percorsi separati per il triage dei pazienti a rischio respiratorio. Si tratterà di chiara identificazione e finalizzazione di locali adeguati per l’isolamento temporaneo, prima del trasferimento del paziente nella struttura più vicina per il triage completo, come di seguito esplicitato”.
“Tale adeguamento di base – si legge nel documento – verrà previsto ed introdotto in tutte le strutture sanitarie dotate di pronto soccorso e non incluse nel novero di della rete di triage in sicurezza/diagnosi/presa in carico precoce (Spoke), per evitare il più possibile i rischi di trasmissione nelle fasi preliminare al trasporto dei pazienti nei centri di riferimento (Hub). Nelle strutture ospedaliere ove è presente una UO di Malattie Infettive per la presa in carico dei pazienti a rischio di diffusione aerea (Hub), verranno invece strutturate con adeguamento permanente camere di isolamento con pressione negativa adiacenti ai locali di pronto soccorso, con la dotazione adeguata dei presidi diagnostici radiologici e microbiologici sopra menzionati”.
NEL 2006 LA REGIONE CREO’ ANCHE UN COMITATO PANDEMICO
La Regione Abruzzo, prima con la determina Dg14/60 del dicembre 2006 e poi con la delibera di Giunta 831 dell’agosto 2007, aveva costituito il Comitato Pandemico Regionale con 20 dirigenti ed esperti. Il Comitato aveva come scopo il “coordinamento per una eventuale pandemia antinfluenzale” e l'”elaborazione del Piano pandemico regionale”. Nel pieno dell’emergenza coronavirus, però, nei vari documenti della Regione e nelle dichiarazioni degli addetti ai lavori tale organismo non è mai stato menzionato. Fonti della Regione precisano che oggi si occupa di quelle funzioni, tra l’altro, il comitato costituito nell’ambito del Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza.
Con un’altra delibera di Giunta, la 389 del luglio 2009, a seguito del caso dell’influenza aviaria, venne approvato il Piano “Strategie e misure di preparazione e risposta a una pandemia influenzale nella Regione Abruzzo” – uno dei provvedimenti cui si fa riferimento oggi – e sempre nel 2009 la Giunta integrò con altri esperti il Comitato Pandemico istituito nel 2006.
Nel Piano del 2009 si può leggere che “l’influenza pandemica si sviluppa sporadicamente ed imprevedibilmente. Tuttora – prosegue il documento – esistono le circostanze affinché un nuovo virus con potenzialità pandemica emerga e si diffonda”.
Nel Piano si ribadisce, inoltre, l’importanza del ruolo del Comitato pandemico regionale, prescrivendo altresì che ogni azienda sanitaria regionale si doti di un Gruppo pandemico aziendale con relativo coordinatore, elabori il Piano pandemico aziendale e, infine, definisca i Piani di emergenza per i presidi ospedalieri. Nel Piano pandemico aziendale, tra le varie misure previste, quelle di “adottare i protocolli di utilizzo di dispositivi di protezione individuale (Dpi) per le categorie professionali a rischio”, oltre a “stimare il fabbisogno di Dpi, provvedere al loro adeguato approvvigionamento e coordinare la distribuzione”.
Tra gli attuali provvedimenti legati all’emergenza Covid-19, viene adottato, tra l’altro, il Piano delle Maxi-emergenze, approvato nel 2018 e relativo a criticità come grandi eventi, alluvioni e attacchi terroristici, anche con virus. Per questi ultimi, in materia di Dpi e procedure, è fortemente raccomandato al personale impegnato di utilizzarli con “osservanza maniacale”.