Terremoto del 2009 a L’Aquila, Cna: “La ricostruzione non ha prodotto benefici per il territorio”
L’AQUILA, 4 aprile – A quasi dieci anni dal terremoto che il 6 aprile del 2009 distrusse L’Aquila, causando la morte di 309 persone, la città è ancora alle prese con la ricostruzione. Una ricostruzione che, nonostante l’apertura del “cantiere più grande d’Europa”, secondo la Cna provinciale non ha prodotto alcun beneficio per l’artigianato locale.
E’ Agostino Del Re, direttore della Cna aquilana, ad affermare:
“Il sisma del 2009 non ha prodotto alcun beneficio economico e occupazionale per le imprese artigianali locali. Solo nell’ultimo anno, in provincia dell’Aquila, ci sono state 504 cancellazioni, a fronte di 344 nuove iscrizioni, con un saldo negativo di 160 imprese, pari a -2,26%”.
Del Re cita i dati diffusi da Unioncamere-Infocamere e aggiunge:
“Un trend, quello aquilano, che ricalca l’andamento nazionale, dove nel 2017 si sono perse 11mila piccole aziende artigianali, anche se il confronto nell’ultimo biennio resta il migliore degli ultimi 5 anni, con una crescita dei servizi alle imprese (+3,6%), in particolare noleggio e agenzie di viaggio. Andamento in leggera salita anche per i servizi alla persona e di comunicazione, mentre vanno in segno negativo edilizia (-1,4%) e manifattura (-1,5%). Un dato in linea con l’Abruzzo e con la provincia dell’Aquila, dove la ricostruzione pos-sisma non rappresenta un elemento di traino e di sviluppo per l’artigianato locale”.
Il direttore della Cna provinciale spiega:
“Il riferimento è a tutto l’indotto che ruota intorno ai cantieri della ricostruzione, alle opere specialistiche in subappalto come impiantistica, finiture, falegnameria, che continuano a segnare valori negativi quanto a numeri e occupazione, pur avendo il territorio un artigianato valido e qualificato. La ricostruzione non ha portato nulla, in termini di benefici economici, al settore dell’artigianato, che tra il 2016 e il 2017, in provincia dell’Aquila, ha perso 2,26 punti percentuali. Un dato legato anche all’arrivo, da fuori regione, di grandi gruppi edili che non hanno creato occupazione sul territorio, non avendo fatto ricorso alla manodopera locale, altamente specializzata”.
E se il saldo, in Abruzzo, tra il 2016 e il 2017, è di -600 imprese artigiane, con un calo dell’1,91%, L’Aquila è fanalino di coda in classifica, con 160 artigiani costretti a chiudere bottega nell’ultimo anno. Più giù solo Chieti, dove le imprese perse sono 221:
“Dati utili anche a capire che occorre un approccio differente al sisma 2016, che ha colpito le province dell’Aquila e di Teramo. Bisogna lavorare ad un maggiore coinvolgimento dell’artigianato locale. Pensiamo, ad esempio, alla rinascita dei centri storici e degli antichi borghi e al valore aggiunto che possono dare figure dall’alto profilo professionale come i restauratori, oltre a tutta la manodopera qualificata che il mondo delle piccole imprese rappresenta”.